Nel momento in cui il mondo intero si ferma, questo
immobilismo, questo vuoto di attività, purtroppo porta a pensare.
Non sono un catastrofista, il mondo, come ci ha sempre
insegnato la storia, si rialzerà, forse anche più forte di prima.
Non mi interessa ciò che succederà nel mondo, né del mio
futuro lavorativo. Mi preoccupa il significato più ampio della mia vita, il suo
scopo. Dopo anni meravigliosi, altri curiosi, altri dolorosi ma intensi, e
comunque positivi; dopo anni divertenti, pieni di attività e viaggi, anni di
scoperta e di rapporti umani. Ora sento il vuoto, vedo il baratro davanti a me.
Mi sento arrivato come se non avessi più niente da chiedere alla vita. Credo a
tutto e poco dopo al contrario di tutto, perciò credo di non credere. In
niente.
Dissolto così, in una quarantena forzata. Ho paura di non
uscire di qui più forte di prima, come il mondo. A volte vedo come un’ancora di
salvezza la via dell’hikikomori (ed ecco ancora una volta venir fuori il
Giappone) o quella dell’eunuco. Perché, ormai lo so, quando mi trovo davanti a
una difficoltà io preferisco fuggire, o la via dello struzzo, piuttosto che
affrontarla.
Si, sicuramente il fatto di essere rinchiuso a casa da un
mese non aiuta, e non aiuta neanche essere uscito da una storia di veleno di 4
anni, dove dopo essermi trovato vicino allo scopo finale della vita adulta, la
famiglia, mi ritrovo invece solo e con un brutto complesso che inibirà
certamente rapporti futuri. Era vero che è meglio star soli che esser male
accompagnati; la compagnia velenosa ti corrode lentamente e ti fa dubitare
quando dubbi non ce ne sono, quando va tutto bene.
Quando le cose vanno male la difesa è lo “sti cazzi”,
emblema del cinismo. Sti cazzi l’amore, sti cazzi il lavoro, sti cazzi lo
sport, diventa tutto grigio, indistinguibile. E si sente in lontananza l’eco di
una ragazza e di una vita che non c’è più. Eppure io vorrei rivederli quei
colori, riprovare quei sentimenti, ma alla prima difficoltà non ho più le forze
né la voglia. Non ho più spirito combattivo e finisco per accontentarmi a suon
di sticazzi.
Ci son momenti che non ho voglia di parlare con nessuno perché
mi annoiano tutti. Discorsi fatti centinaia di volte, aneddoti vecchi di dieci
anni perché si, è da allora che non viviamo veramente.
E’ come se l’età adulta avesse reso tutto così noioso e
ripetitivo, pochi nuovi stimoli, rapporti tra amici che inesorabilmente vanno
spegnendosi, in maniera incomprensibile tra l’altro! Una famiglia non impedisce
un’amicizia.
O voi tutti che siete parte dei pazzeschi capitoli della mia
vita, nelle tante parti del mondo in cui vi trovate, non abbiamo proprio più
niente da condividere?
Tutta questa noia ed apatia si ribalta anche su come vedo me
stesso. Mi sento noioso ed ho dubbi su quello che posso trasmettere a chi mi
circonda.
Dopo Roma città eterna e Roma città aperta, Roma città
vuota.
E’ che poi, quando mi trovo a “Joe?” con le persone, con
quelle che han “Joe mi senti?” il mio passato, sento sempre come se mancasse
qualcosa, come se bramassi maggiore condivisione, “Joe stai bene?” senza successo.
Joe riaprì gli occhi, molto lentamente. Il viso di Juanita
lo scrutava preoccupato. Era riverso in terra, arrotolato nel tappeto persiano
acquistato in quel delizioso villaggio nel deserto settentrionale.
“Joe sono venti minuti che ti chiamo e che sei incosciente.
Cosa ti è successo!”.
“Nah, niente, è stato solo un brutto sogno. Penso di aver
esagerato con l’erba ieri sera. Devo aver fatto un mezzo trip. Lasciami in
pace, per favore.”
“Mi dispiace, ma non posso. Ti vuole vedere il Signor
Iupiter. Devo portarti subito da lui.”